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Liolà

Si evidenzia inoltre nella messa in scena di Bellomo, un gusto raro della composizione e del quadro, facilitati dagli azzeccati costumi e dalle stupende scene di Carlo De Marino, d’un biancore accecante, immerso, ora nel nitido azzurro del mattino, ora nel caldo fuoco del tramonto, ora nella liquida trasparenza della notte lunare, che grazie alla sapiente creatività  del direttore della fotografia,  Giuseppe Filipponio, diventano veri e propri affreschi.

L'ORA ACCANTO

 .....soprattutto ben riuscito il gioco delle luci di Giuseppe Filipponio che, in una alternanza di chiari e scuri, fa piombare a volte gli spettatori, per un tempo indeterminato, in una totale assenza di luce quasi a voler significare che al di là del tunnel non ci sarà il chiarore ma il buio assoluto della nostra ignoranza.

Tempesta

 ...Grande cura nel gioco di luci, nei costumi, negli inserti musicali rock....

“RE-FUSI”

.....la bellezza della scenografia e delle luci di Katia Titolo e Giuseppe Filipponio è fuori discussione.....

Il tempo delle mele… cotte

Ottimo anche il disegno luci che si materializza ogni qual volta si accende una candela sul palco, unici punti luce in quel devastato posto polveroso e buio che Katia Titolo ha ricreato in modo eccellente.

L’Uomo Tigre

La scenografia e le luci mi colpiscono per la straordinaria verità che incutono nell’atmosfera e nel mio stato d’animo, mi sembra di vivere là sotto accanto ai personaggi, in uno spazio senza sole, né tempo, né giorno, né notte.

L'ossessione dello scontro nei «Duellanti» di Conrad

..... tra suggestive variazioni di luci e con la musica espressiva di Luca D'Alberto eseguita dalla violoncellista Federica Vecchio, assumono in dissolvenza, salti di luogo e unità di tempo, passando da una scena a un'altra con cambio di personaggi. Un allestimento avvincente.....

Michele Placido, toccante Re Lear tradito da se stesso

Aiutato in questo dall'impianto scenografico e dalle luci che creano un palcoscenico plurale (possibile in spazi ampi come il Romano) e una contemporaneità di azione di tipo cinematografico, e dai costumi moderni con echi elisabettiani.

I duellanti

Le luci di Giuseppe Filipponio concorrono fino all’ultimo duello a creare un’atmosfera di sospensione. Nella nebbia spettrale gli squarci di luce bianca illuminano i volti dei due ussari e rimandano ancora una volta all’immagine di un taglio nella fisica ieraticità del teatro che, come il ‘taglio purpureo del sipario’, apre a orizzonti di conoscenza e linee d’ombra, verso cui l’umanità tende ostinatamente, non sempre capace di attraversare consapevolmente il tempo e lo spazio.

Re Lear

Il disegno luci (di Giuseppe Filipponio) gioca un ruolo peculiare nella contemporaneità delle azioni - su un palcoscenico che diventa non un luogo ma tanti - negli effetti speciali (la scena della tempesta), nell’accompagnare movimenti scenici che altrimenti non avrebbero avuto la stessa potenza espressiva. Suggestiva la proiezione dell’ombra, ampliata in un sapiente gioco di luci nella parte opposta a quella in cui si consuma la scena, di Edgar che si denuda completamente e che si lega, in un’azione che si fa maldestra, uno straccio intorno alla vita: il suo abito da mendicante.

Il “Re Lear” di Michele Placido: la risposta del Teatro al peso di questo tempo triste

Il King Lear che Michele Placido porta in scena restituisce il Teatro al Teatro: si percepisce il conflitto tra attore e personaggio o, meglio, quella continua ricerca di conciliazione tra metodo per raggiungere l’in-finito e liberazione dalla finitudine materica che è il gioco del Teatro nelle sfumature delle luci taglienti di Giuseppe Filipponio

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